In questo periodo, grazie a un progetto che sto facendo in collaborazione col CONI, sto avendo la grande opportunità di avere in aula come allievi ai miei corsi di PNL e coaching una categoria professionale che fa (o ha fatto) la differenza nella nostra vita e nella società: gli insegnanti.
Durante il pomeriggio, mentre stavo spiegando alcuni concetti sull’atteggiamento e sulla comunicazione efficace, ho dato voce a un passaggio mentale che faccio ogni volta che sto parlando di fronte a un gruppo di persone.
Quando faccio training, personalmente ho due grandi criteri in mente per fare bene il mio lavoro con coloro che mi ascoltano:
1) aggiungere valore.
2) farli uscire dall’aula più entusiasti e motivati di quando sono entrati.
Il primo criterio si sposa perfettamente con la nostra mission aziendale in Ekis che è “essere risorse e dare valore”. Trovo estremamente importante che le persone che vengono a contatto con me escano arricchite: un’idea, uno spunto, una strategia, una nuova abitudine, una convinzione utile, un atteggiamento più efficace, ecc.
Il secondo criterio invece fa parte delle modalità con cui mi piace tenere i corsi e le coaching che hanno come comune denominatore la passione e il divertimento.
L’educazione classica e l’intrattenimento educativo
Quando le persone si divertono e sia appassionano, imparano molto più velocemente e ricordano decisamente meglio. Come dice Richard Bandler (il co-creatore della PNL) il nostro business è l’edutainment, vale a dire l’insieme di “education” e “entertainment” (ossia educazione e intrattenimento).
Un bravo insegnante ha bisogno di essere “attraente”, di intrattenere e tenere alta l’attenzione e la curiosità, di avere quella passione che tenga incollate le persone e quel carisma che le spinga a darsi da fare e applicare fuori dall’aula ciò che hanno imparato.
Non esiste (secondo i miei criteri) che una persona venga a contatto con me ed esca demotivato. Pensaci: se ho fatto bene il mio lavoro e ho aggiunto valore alla sua vita, questo genera entusiasmo, motivazione… magari qualche volta genera ink@$$o se la persona si rende conto che ha perso del gran tempo, ma la parte positiva è che almeno ora può farci qualcosa!
Ricorda: sono le emozioni che generano cambiamento ed evoluzione, non le teorie. È la motivazione che si genera dentro le persone che ti ascoltano perché stanno già pensando a come la loro vita potrà essere migliore mentre utilizzano ciò che stanno imparando da te.
“Sì, ma non ci sono più i giovani di una volta. Oggi non sono motivati!”
Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh (urlo)
Credo che questa sia la frase più ripetuta nei secoli dei secoli, Amen.
Di chi è la vera responsabilità della motivazione?
Domanda secca: sono veramente i giovani non motivati oppure alcune persone non sono motivanti da ascoltare? Ho qualche ricordo scolastico in mente…
La verità è che come in ogni generazione non ci sono più i giovani di una volta.
Quando andavo a scuola io non eravamo più come quelli della generazione prima (che non rispondeva mai all’insegnante).
E quelli della generazione prima non erano più come quella precedente alla loro (che prendevano bacchettate sulle dita o si inginocchiavano sui ceci).
In comunicazione la responsabilità della comunicazione è bene che se la tenga chi comunica (se vuole influenzare in qualche modo il processo).
I gggiovani d’oggi hanno semplicemente motivazioni diverse, banalmente perché hanno strumenti, tecnologia, conoscenze, ambienti e stimoli diversi.
Cos’è la motivazione?
Come dice la parola stessa è un motivo per fare un’azione.
La mia domanda è: tenti di dare ai gggiovani i tuoi motivi o ti impegni a scoprire ciò che motiva loro e utilizzarlo mentre insegni?
La risposta è lì davanti ai tuoi occhi…
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